Torri e Fontane

Torre A Braciara

Impropriamente chiamata “Albachiara”, questa torre è senza dubbio la più bella e la meglio conservata in tutto i l territorio di Partinico. Si trova nell’omonima contrada, ed è raggiungibile facilmente percorrendo una breve stradella che si diparte a sinistra dalla provinciale per Montelepre, a metà strada fra Partinico e il fiume Nocella.

Il Marchese di Villabianca, Francesco Maria Emmanuele, proprietario della torre nel XVIII secolo, la descrive come “mergolata e quadrata…con volte reali a tre ordini e ponte levatoio…di moresca origine, onde con ragione sull’architrave della ferrata porta d’ingresso in svolazzo marmoreo si fa leggere ‘ic saracenum Albaxara’ “. Anche Marino attribuisce la costruzione di questa torre, come pure delle altre, ai dominatori saraceni, e riferisce che il Marchese di Villabianca, “ornó le mura, le case, il giardino e la fonte di poetiche iscrizioni”, in distici elegiaci latini, datate fra il 1764 e il 1794.

Tali iscrizioni, che erano sei, purtroppo sono andate perdute (esistono solo le trascrizioni riportate dallo stesso Marino). In una di queste targhe marmoree del 1794, che si trovava nel vicino giardino della Ramotta, era scritto “Ecco Manuel costruisce una nuova torre affinché si custodiscano i frutti e sia piccola speranza contro i ladri dell’agricoltore; la torre e gli orti sono fondati da Paolo ma li fece l’altro Manuel con le sue cure e il suo denaro”. In realtà la torre risale al XVI sec..

Nell’elenco dei cosiddetti “luoghi vecchi”, costituenti i feudi di S. Leonardo e della Iannilla, appartenenti sin dal XIV secolo all’Abbazia di S.Maria d’Altofonte, si trova la lista, registrata negli atti del Notaio Francesco D’Amico, di tutti i possessori delle terre soggette al pagamento del canone e concesse a vari enfiteuti agli inizi del XVII secolo; in tale lista si legge che “gli eredi di Nicolò Antonino Maniscalco dichiarano di possedere un luogo consistente in salme 12 di ‘terre scapole, vignazze, boschigne e margi’ con 100 ‘migghiara di vigne, torre, baglio, magazeni, viridario’, confinante con Guglielmo Susinno ed Aloysio Garofalo (un tempo dei Guarrasi) e con la ‘via pubblica’ della Nocilla “.

 Il primo atto di possesso fu stipulato il 26 luglio 1510 dal notaio Andrea Pontecorona; seguirono altri atti fino ad arrivare alla dichiarazione di possesso stipulata il 28 giugno 1580 presso il notaio Giuseppe Pazienza, e il nuovo contratto d’accordo del 17 luglio 1582 presso il notaio Antonino Occipinti. Da quest’ultimo atto risulta che “Girolamo Maniscalco possiede un luogo con vigne, terre scapole, torre, giardino e sui pertinenzi nel fego di S.Leonardo appresso Guglielmo Susinno, la strada grandi chi va dal Ponti dilla Nocilla a Partinico et un’altra strada che và a mari verso settentrione…” Quindi, verosimilmente, la costruzione di questa torre risale al XVI secolo, quando era persistente il timore di invasioni turche, e di ladroni.

Quanto al nome tipicamente arabo (Albaxara) con cui la ricorda il Villabianca, concordiamo con il prof. D’Asaro che ritiene si tratti di una deformazione della denominazione “A Braciara”, con riferimento al fatto che tutta la zona era interessata anticamente dall’industria del carbone, e quindi con luoghi di combustione della legna o “braciare”. Ha pianta quadrata di circa 9 metri per lato, un’altezza di circa 15 metri, e presenta tre piani e un terrazzo. Le superfici esterne sono scandite verticalmente da costoloni angolari appiombati in grossi conci di tufo perfettamente squadrati.

 Le murature, tra i costoloni, sono “a sacco”‘, di pietra informe locale, con un leggero rivestimento d’intonaco grezzo. La facciata principale, rivolta a Sud, presenta a piano terra un ingresso posticcio ricavato nel muro; a 1° piano un balcone, delimitato da grossi conci di tufo squadrati, cui si accede esternamente mediante una scalinata in pietra di epoca posteriore; a 2° piano si nota una finestra, incorniciata pure da massi di tufo, e sormontata dallo stemma gentilizio del Marchese di Villabianca: ovale in marmo, di stile tardo-barocco, raffigurante al centro un leone rampante che sorregge fra le zampe anteriori una bandiera sventolante, il tutto racchiuso da riquadri trapezoidali che raffigurano, alternativamente un leone e un fregio sormontato da una corona. Una seconda finestra, un poco più piccola, denota il 3° piano. Sotto ogni finestra si trova una feritoia.

Quindi inizia il torrione del terrazzo con una feritoia per lato, mentre al centro si trova una caditoia: questa è costituita da due mensole in tufo che sostengono una balaustra distaccata dal muro, creando così una intercapedine da cui i difensori, in caso di assedio, potevano buttare olio o acqua bollente. Nelle altre due facciate laterali si ripete lo stesso schema delle finestre, ma con a fianco una finestrella più piccola; mentre nella facciata posteriore, rivolta verso mare vi è solo una finestra per ogni piano. Sulla sommità della torre vi è il terrazzo, circondato da merli e feritoie.


Torre di Santa Caterina

Questa Torre, in parte crollata al primo piano, riveste una certa importanza dal punto di vista storico in quanto è strettamente connessa alla vita del vecchio abitato di Santa Caterina. Si trova a Sud-Ovest dell’abitato di Partinico, alle pendici de Colle Cesarò. Vi si arriva facilmente dalla Strada Provinciale per San Giuseppe Jato, imboccando la strada che porta alla Scuola di Mirto, sul lato destro.

A pochi metri da essa si trova una antica chiesetta con una interessante immagine murale raffigurante la Madonna con bambino. Questa Torre, citata dal Marino con il nome di “Santa Catrini” fra le 26 torri del territorio di Partinico, è certamente da mettere in relazione con un antico sito (fino a qualche decennio fa’ chiamato “Santa Catrini”), documentato da numerosi reperti di epoca araba-normanna. Durante il XVI-XVII secolo questa zona doveva essere costellata da numerose torri a guardia del Casale di Partinico, e di ciò è traccia nella carta I.G.M. in scala a 50.000 del 1888 che riporta la dicitura “T. antiche”.

La notizia più antica relativa alla torre si trova in un atto di possesso del 1569, registrato presso il Notaio Vincenzo Cottonaro il 23 agosto dello stesso anno, riferito nella dichiarazione di proprietà del 1580, da parte di Vincenzo Ferreri, il quale dichiarava di possedere un “luogo” di tumoli 6 con vigne, alberi, Torre, stanze, cappella, nel feudo di Santa Caterina, confinante con il canneto, vigne e viridario di Giovanni Scuderi, la via pubblica e, a mezzogiorno, con il Vallone di Margi o di Dimitri.

Nel 1757 era proprietà del Duca Tarallo come si evince dalla “cordiazione” eseguita dall’agrimensore Nunzio Minore che misurò “le terre con vigne, terre scapule, case, baglio dentro canneto, alberi domestici e selvaggi… in territorio e Contrada di S.ta Catrini, parte di esse girate di muro in secco e di calce e arena; con una piccola chiesa collaterale con dette terre con alcuni piedi di ceusi neri, Torre e fabbriche demolite…”. E’ a sezione quadrata, di 6 metri per lato, alta circa 10 metri. La base, di circa due metri di altezza, è leggermente scarpata, e serve da supporto alla costruzione sovrastante costituita da un 1° piano e da un terrazzo privo di smerli. Il materiale impiegato per la sua costruzione è costituito da pietra informe locale legata da malta, e da massi squadrati di tufo solo nella base e nei due pilastri del lato rivolta verso Ovest.

 La facciata rivolta verso Mirto (Sud) presenta a piano terra una apertura laterale, chiusa da una porta in ferro, ricavata nella scarpata; a 1° piano non si nota alcuna finestra o feritoia. La facciata rivolta verso Est presenta a 1° piano due feritoie laterali e una finestra ovale al centro. Altre due feritoie si notano all’altezza del terrazzo. La facciata rivolta in direzione di Trapani è in parte crollata all’altezza del 1° piano e del terrazzo. Nella parte ancora in piedi si notano una feritoia e una piccola finestra delimitata da pietre più grosse delle altre. Da notare pure che in questa facciata i pilastri laterali sono costituiti da massi squadrati di tufo, mentre negli altri lati sono costituiti da semplici pietre.

 La facciata rivolta verso mare è la più interessante, e doveva essere certamente la facciata principale. Sul lato destro di chi l’osserva, si nota, ricavata nel muro in tutta l’altezza della torre, una scanalatura rientrante all’interno per circa 20 cm. Lungo tale rientranza si notano una robusta architrave in pietra dura, di colore bianco, collocata ad altezza d’uomo, una finestra ovoidale a 1° piano, mentre nella parete contigua si nota una feritoia che guarda verso Trapani. Il tetto ed il terrazzo sono crollati.


Torre Giorgentana (o D’Amico)

La torre Giorgentana, sita nell’omonima contrada relativamente vicina all’abitato, è, assieme a quelle di A Braciara e Turrisi, fra le meglio conservate. Si trova in contrada Giorgentano, a circa due chilometri dalla periferia dell’abitato. La si raggiunge percorrendo la stradella che si diparte dalla SS. 113 al Km.311, accanto al Bar Montreal.

Citata dal Marino fra le 26 torri della “deliziosa campagna”, è stata costruita con evidente funzione di difesa fra la metà del XVI secolo e l’ inizio del XVII;in base ad alcuni elementi probatori (uno stemma sopra il portale posteriore della torre), T. Aiello ha ritenuto che la torre sia stata abitata da un ramo ecclesiastico della famiglia Saladino-Paruta, fondatrice del borgo di Valguarnera.

Tuttavia, l’esistenza di tale torre non si riscontra fra quelle descritte negli “Atti di possesso e di dichiarazioni” del 1582, per cui si può dedurre che la costruzione della torre è successiva a quella data. Né, attraverso successivi passaggi della proprietà di Francesco Foti, riportati da Vitale, si trova cenno della predetta famiglia Saladino-Paruta. Si trova al centro di un piccolo baglio cui si accede attraverso un portale ad arco ben conservato.

E’ un po’ più piccola di quella di A Braciara, ma di forma più armoniosa; ancora integra nelle sue strutture esterne originarie, ha forma rettangolare di dimensione 7 per 10 m. circa, per 10 di altezza, e presenta un primo piano e un terrazzo merlato. La tecnica muraria è mista, con pietrame e conci di tufo legati con malta. La facciata principale, esposta a Sud Est ha un’entrata con portale molto semplice costituito da massi di tufo rettangolari.

Sull’architrave è scolpito uno stemma gentilizio che riporta una piccola croce su una grossa “A”; immediatamente sopra l’architrave è ricavata un’ampia nicchia con un affresco molto consumato ma che lascia intravedere una madonna con bambino in braccio. Ai due lati della nicchia si trovano due finestre, ricavate in epoca recente, che hanno appesantito l’armonia e la linearità della struttura.

A primo piano invece si trovano due finestre originali, realizzate con massi squadrati di tufo, mentre all’altezza del terrazzo vi è il caratteristico finto balcone, cioè la “caditoia”, poggiante su due grosse mensole sagomate, in corrispondenza con l’entrata. Il lato opposto, esposto a Nord Ovest, presenta a piano terra due aperture di epoca molto recente, mentre il primo piano ripete lo stesso schema della facciata principale, con due finestre incorniciate da massi di tufo. Gli altri due lati invece presentano una sola finestra centrale a primo piano, di cui una allungata rispetto alla misura originaria.

Alcuni fregi intorno alle finestre richiamano lo stile architettonico del tardo cinquecento, come per esempio la figura mostruosa che si può osservare sullo spigolo Est. L’interno della torre, al contrario delle facciate esterne, presenta diversi rimaneggiamenti. Il piano terra è diviso in due stanze rettangolari, illuminate dalle due finestre di epoca recente: una è pavimentata con ciottoli, l’altra con cemento; gli intonaci si presentano in cattive condizioni a causa dell’umidità. Tramite una scala centrale si accede al primo piano, suddiviso sempre in due stanze rettangolari, con soffitti a botte e pavimento in cotto; l’accesso ad esse è consentito anche da due aperture secondarie e una principale.

Entrambe le stanze sono fornite di camino e ciascuna è illuminata da tre finestre; una sola stanza presenta delle pitture murali. Un’altra scala consente l’accesso al terrazzo merlato che presenta un manto di copertura in malta, e la predetta caditoia. Dal terrazzo, oltre al vasto paesaggio, si può notare la corrispondenza visiva con le torri di Santa Caterina e di Federico. La torre è circondata da robuste mura che delimitano il baglio, oggi diviso in due parti, all’interno delle quali vi sono due edifici di recente costruzione.


Torre Sulitano

La torre Sulitano, o del Sultano, di proprietà Manzella-Di Dia, si trova nell’omonima contrada a Nord Ovest di Partinico, lunga La S.S. 113 al Km. 307, immediatamente dietro lo stabilimento vinicolo Coppola. La torre, ancora allo stato originario non avendo mai subito sostanziali modifiche o manutenzioni, si presenta nel complesso in uno stato di degrado e di abbandono. Essa è a pianta quadrata ed è suddivisa in un piano terra, 1° piano, 2° piano e terrazzo.

I solai di copertura e dei piani intermedi sono crollati. Ogni lato della torre, dal punto di vista architettonico, e’ stato trattato in maniera diversa. La facciata principale presenta in basso una piccola apertura, sullo stesso asse una feritoia a bocca di lupo e un poco sfalsata da questa, un’apertura quadrata. All’altezza della copertura si trova una caditoia e lateralmente un’altra feritoia. Alle altre tre facciate della torre, allo stato attuale sono addossati dei corpi di fabbrica presumibilmente di costruzione successiva a quella della torre che è del XVI-XVII secolo. Nella facciata esposta a Sud-Est il corpo aggiunto è basso, e lascia intravedere 5 aperture: una finestra all’altezza di circa 3,30 metri dal suolo, lateralmente a questa una feritoia; un’altra finestra sullo stesso asse al di sopra della prima, caratterizzata da un architrave realizzato in pietra molare; ancora più in alto, all’altezza del piano di calpestio del terrazzo, altre due finestre.

La facciata rivolta verso mare presenta uno squarcio, e al di sopra si notano dei buchi lasciati dalla presenza di travi in legno che, presumibilmente, sostenevano un tetto. La facciata rivolta verso la S.S. 187 è completamente coperta da un corpo alto addossato. Non esistono notizie certe sulla storia della Torre, ma soltanto un aneddoto, riportato da S. Bonnì , secondo il quale un certo Sukru-ku, un avventuriero levantino venuto dalla Turchia al seguito degli eserciti inviati in Sicilia dall’Emiro Moezz-Ben-Badis, dopo che Al-Hasan venne deposto e cacciato dall’Isola, si diede al brigantaggio parteggiando ora per uno, ora per l’altro, e riuscì ad ottenere in questo modo l’amministrazione della zona di Partinico.

Qui si costruì una fortezza, alla periferia del paese, dove si insediò da sultano. Tale fortezza corrisponderebbe all’attuale Torre del Sultano. Non si conosce la fonte di tale aneddoto, e pertanto la notizia è riportata con il beneficio dell’inventario. Dall’analisi delle dichiarazioni del 1580 e dell’inventario dei cosiddetti “Luoghi vecchi dal Ponte della Nocilla, nel fego di S. Leonardo”, riportati dal A. Palazzolo, Salvo Vitale ha dedotto che si tratti della torre esistente nelle terre appartenute a Gaspare Sollima, sotto la tutela di Francesca Lanza Sollima, rilevate dal Barone di Castania e quindi incorporate, nel secolo XVII, dal Noviziato dei Gesuiti nella grande contrada di Parrini.

Difatti nel 1580 Francesca Lanza Sollima, con atto in Notaio Giuseppe Sapienza del 30 giugno dichiara di possedere 22 salme di terre scapole, piante boschigne in un ‘locum magnum’ con torre, stanze, viridario, vigne. Il primo atto di possesso, in Nr. Francesco Palmeri, risale all’8 aprile 1567. Dal contratto d’accordo fatto fra l’Abbate e Francesca Lanza Sollima, in Nr. Antonino Occipinti del 15 aprile 1583, risulta che il Barone di Castania possiede 45 salme di terre in “un luogo grande con torre, stantie, giardino, bosco, vigne e terre scapole appresso le terre di Giacopo Puglia, il Collegio dei Gesuiti di Palermo, Giulia Pollastra e la strada; per le vigne paga l’ottina, per le terre scapole paga tarì 24 per salma”.


FONTANE

Antica Fontana Barocca

La fontana è stata fatta costruire nel 1716 dal Cardinale Acquaviva, abbate di S. Maria d’Altofonte, ma ben presto giacque nel più desolante abbandono. Solo nel 1824 il Barone della Leccia, Sindaco del Comune di Partinico, provvide a farla collocare nell’attuale sito.

Realizzata in marmo scolpito in stile barocco è costituita da vasca rettangolare nella quale otto canne versano l’acqua, da quattro iscrizioni in latino e dal fastigio con lo stemma del Cardinale Acquaviva rappresentato da due leoni, due listoni e una stella inserita in un piccolo scudo;  altri elementi sono la recinzione e i quattro lampioni in ghisa di impronta liberty.


Fontana Valguarnera

Restaurata con fondi comunali, la fontana-abbeveratoio che si affaccia nell’antica piazzetta sul lato sinistro per chi viene da Partinico, costituisce una pregevolissima opera del Seicento, che meriterebbe una migliore protezione e un’attenzione maggiore da parte di tutti, perché purtroppo spesso dobbiamo constatare che essa è si trova alla mercè di vandali occasionali e all’uso sconsiderato di allevatori della zona.

Essa è costituita da due parti principali, cioè da un fronte a muro e da un’ampia vasca delimitata da un parapetto. Lo spazio antistante è costituito da un nuovo acciottolato (l’originale non esiste più), delimitato da basole opportunamente sagomate per lo smaltimento dell’acqua. Il fronte centrale è costituito da cinque blocchi, su tre dei quali sono presenti bassorilievi di figure dalle sembianze umane. Nella parte superiore si trova una grande targa con incisa la data di costruzione (1609) e una dedica.

Il fronte centrale termina con un timpano sormontato da tre pinnacoli che sorreggono tre semisfere. Nella parte centrale del timpano è collocato uno stemma in pietra con incise delle figure simboliche: un leone, una palma e la testa di un uomo. Lateralmente al fronte si trovano dieci margherite, cinque per lato, realizzate in bassorilievo su blocchi di tufo, al centro dei quali vi è un foro per la fuoruscita dell’acqua; solo tre di esse sono originali, mentre le altre sono delle ricostruzioni, riconoscibili per la forma più geometrica.

L’impianto idrico, non più esistente, che alimentava le bocche di erogazione, era costituito da un canale addossato al muro di sostegno della fontana stessa. La vasca, pavimentata in cotto, è delimitata da un parapetto costituito da una serie di blocchi di pietra tufacea modellata. La fontana ha cessato di funzionare negli anni cinquanta a causa del sistema di approvvigionamento idrico a cielo aperto che inquinava l’acqua.

Pagina aggiornata il 20/10/2023

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